Diagnosi e trattamento basato sull’evidenza del dolore sacro-iliaco
Mark Laslett, uno dei più importanti ricercatori per quanto riguarda l’articolazione sacro-iliaca (SI), propone in un articolo del 2005 una visione generale su questa regione e sui problemi ad essa connessi, approfondendo la diagnosi e dando alcune indicazioni circa i possibili approcci terapeutici disponibili.
Una problematica della SI può simulare una lombalgia. Dal punto di vista epidemiologico sembra che nel 13% dei soggetti affetti da lombalgia persistente la SI rappresenti la fonte dei sintomi.
Esistono due interpretazioni rispetto ai possibili problemi della SI. La prima si focalizza sul ruolo biomeccanico della SI che, trovandosi compresa tra il rachide e gli AAII, funge da zona di congiunzione attraverso la quale vengono trasferiti i carichi tra le due strutture. Secondo questo primo approccio una disfunzione di movimento della SI potrebbe causare un dolore che origina dalle strutture circostanti. La seconda prende in considerazione la SI solo come possibile origine dei sintomi, senza considerarne le possibili disfunzioni di movimento. Spesso queste due interpretazioni vengono riassunte sotto il termine “disfunzioni della SI”, ma sarebbe meglio tenere i due termini separati visto che si tratta di due entità differenti (alterazione della mobilità e dolore).
A questo punto l’autore prende in rassegna le evidenze disponibili inerenti l’esistenza o meno di queste due condizioni e la validità ed affidabilità dei test diagnostici che si utilizzano in clinica per rilevarle.
La mobilità della SI viene storicamente valutata con dei test di palpazione come il Gillet test o il test dei pollici risalenti. Dal punto di vista kinesiologico la quantità di movimento dell’ileo rispetto al sacro è di circa 4° e a livello di questa articolazione avvengono delle traslazioni per un massimo di 1,6 mm, che rappresentano valori molto piccoli, difficili da rilevare manualmente. Infatti l’autore riporta come i test di palpazione abbiano scarsa affidabilità inter-operatore. Ciò significa che diversi fisioterapisti tendono ad interpretare in maniera differente i risultati di questi test sullo stesso paziente. La ridotta mobilità della SI e la scarsa affidabilità dei test palpatori possono spiegare perché, in uno studio, non sia stata rilevata alcuna differenza nella mobilità sacro-iliaca tra l’articolazione di destra e quella di sinistra in soggetti con dolore alla SI e, inoltre, questi test sono anche poco utili nel rilevare soggetti con dolore che origina dalla SI. Sembra quindi che la relazione tra disfunzione meccanica della SI e dolore lombare sia scarsa e non abbiamo test clinici sufficientemente validi ed affidabili da poter essere consigliati nella pratica clinica.
Se consideriamo invece il dolore che origina dalla SI allora i dati sono più convincenti. È stato infatti dimostrato che le infiltrazioni provocative della SI riproducono un dolore in zona pelvica che può essere riferito anche agli arti inferiori, confermando che la SI può essere la fonte dei sintomi del pz. Inoltre esistono due diversi cluster (insieme di test clinici) che hanno mostrato livelli accettabili di affidabilità. Ciò significa che se lo stesso operatore ripete gli stessi test sullo stesso paziente è facile che ottenga sempre gli stessi risultati e che operatori diversi che eseguono il test sullo stesso paziente ottengano risultati simili. Il cluster proposto da Laslett è composto di 5 test: sacral thrust, thight thrust, compression, distraction e Gaenslen’s (da eseguire bilateralmente, quindi si tratta di 6 test in totale). Tramite analisi statistiche è stato rilevato che se 3 o più test di questa batteria risultano positivi è molto probabile che il paziente abbia effettivamente un dolore che origina dalla SI. Tuttavia la positività di questo cluster non offre l’assoluta certezza che il paziente abbia effettivamente un problema alla SI, ma una probabilità intorno al 60%. Secondo l’esperienza dell’autore, in caso di radicolopatia o di problematica discale questi test possono risultare positivi. È tuttavia difficile che le due condizioni coesistano, pertanto si può ipotizzare che si tratti di falsi positivi. Secondo le analisi dell’autore, se si esclude la presenza del fenomeno della centralizzazione (effettuando la valutazione dei movimenti ripetuti e delle posizioni mantenute prima di effettuare la batteria di test per la SI), la probabilità che un paziente con almeno 3 test per la SI positivi è maggiore del 75% e vicina al 90% nelle donne che presentano dolore pelvico peripartum.
Da questi dati si evince che il dolore del paziente può originare dalla SI e che abbiamo degli strumenti sufficientemente validi ed affidabili da essere consigliati nella pratica clinica.
Per quanto riguarda il trattamento non sono presenti molti RCT in letteratura e quelli presenti riguardano in particolare il dolore pelvico peri-partum. Uno di questi ha dimostrato che un trattamento basato su massaggio, tecniche di mobilizzazioni articolari, stretching e indicazioni ergonomiche diventa più efficace in termini di riduzione del dolore e della disabilità se vi si aggiungono esercizi di stabilizzazione lombo-pelvica. Il maggior vantaggio garantito dagli esercizi di stabilizzazione rispetto ad un intervento di fisioterapia convenzionale si mantiene anche a due anni di distanza.
Per quanto riguarda le altre tipologie di trattamento, in assenza di risultati provenienti da trial clinici randomizzati controllati e basandosi, dunque, sulla propria esperienza clinica, l’autore sconsiglia l’utilizzo delle tecniche di manipolazione poiché queste sono poco specifiche per la SI (coinvolgono anche il rachide lombare). Al contrario ritiene utile l’utilizzo di infiltrazioni di corticosteroidi o fenolo nei casi in cui l’imaging e la clinica rilevino un quadro di infiammazione.
Laslett, M. (2008). Evidence-based diagnosis and treatment of the painful sacroiliac joint. Journal of Manual & Manipulative Therapy, 16(3), 142-152.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19119403